lunedì 20 luglio 2020

RACCONTO BREVE UNO STRANO GIORNO


Il giorno dopo il proprio compleanno credo sia il giorno della consapevolezza in cui ti rendi conto di essere cresciuta e cambiata. Uno si aspetta di guardarsi allo specchio e vedersi forse un po’ invecchiata e con qualche kilo in più dell’anno precedente, ci si osserva mentre mentalmente si ripercorre l’anno trascorso tra successi ed insuccessi. A 40 anni e un giorno non mi sarei MAI aspettata questo.

Sono le 9:00, mi ci sono volute 2 ore e 2 svenimenti per realizzare che lo specchio rifletteva la mia immagine. Avete presente un animale che litiga con la sua immagine allo specchio perché crede di avere davanti un rivale? Bhe io non ci ho litigato, ma me ne sono innamorata e detto da me vuol dire tanto. Di fronte a me avevo un bellissimo uomo palestrato.

Erano le 7.05 avevo un grosso mal di testa ed ero di pessimo umore; E’ lunedì mattina, ho una relazione da consegnare e fuori pure piove. Mi sono alzata e l’ho visto, lui mi fissava esattamente come io fissavo lui con aria interrogativa da “ma chi è questa?”. D’ accordo che la sera precedente con gli amici, per dimenticare il passaggio agli anta, ho bevuto più del dovuto e non ricordo esattamente come sono andata a letto, ma porca vacca! a quanto pare ho passato la notte con questo bell’imbusto. Probabilmente era sbronzo anche lui, ancora non capisco perché indossa il mio pigiama . Sono senza parole!!!
Alle 7:06 ho realizzato che dove c’era il bel imbusto generalmente tengo uno specchio e guardando i contorni di esso ho scoperto che dietro al bell’imbusto c’era il mio letto... che era anche dietro me, è stato in quell’istante che mi sono resa conto che lo specchio non era stato spostato. Due secondi dopo ero a terra svenuta.

7:45 o almeno credo, da terra e con gli occhi offuscati l’ora riflessa allo specchio non è chiara. Ho un ricordo vago di un uomo nella mia stanza sento la bocca sanguinante, avvicino la mano per capire l’entità del taglio, ma prima di raggiungere le labbra le dita passano attraverso dei soffici peli che man mano si avvicinano alla bocca si irruvidiscono. Le dita non sono arrivate alle labbra perché sono svenuta di nuovo.

Vengo svegliata dal suono del cellulare sono le 8:20 è l’ufficio, sono in ritardo di 20 minuti cavolo. Rispondo ma non riconosco la mia voce e nemmeno Claudia la centralinista che riattacca scusandosi per aver sbagliato numero. Sono allibita non ci credo! Mi accarezzo la barba “ma quel bell’imbusto sono proprio io???”; il coraggio però di riguardarmi allo specchio ancora non lo trovo. Richiamo l’ufficio, una scusa per non andare al lavoro la devo trovare. Tengo il tono più basso possibile e quasi sussurro che non sto bene e che oggi non sarei stata in grado di andare in ufficio, avrei comunque mandato un’ email con la relazione. Luca, il mio capo, ci scherza pure “ma che hai stamattina senti che bel vocione che hai”.

Cinque minuti fa ho finalmente trovato il coraggio di riguardarmi allo specchio. 40 anni, un giorno e ...maschio!!! Deve essere sicuramente un sogno. Punto l’occhio sul comodino, guardo le pillole che da 20 anni prendo ogni giorno sperando in questo miracolo, il dottore me lo disse “funzioneranno solo quando sarai sicura del passo che vuoi fare altrimenti saranno come acqua”. Ormai avevo perso la fiducia a questa cura ormonale sperimentale, e proprio ieri mattina mi ero detta questa sarà l’ultima!

Da un giorno all’altro! Non ci credo! Mentre lo dico non riesco staccare lo sguardo dalla mia immagine riflessa tutto il mio corpo è completamente cambiato. Mi spoglio i vestiti sono troppo stretti e le mutandine mi danno fastidio, di certo non sono adatte al nuovo attributo che mi ritrovo tra le gambe. Eccomi qui nuda come mamma mi ha fatto, bhe ecco non proprio come mamma mi ha fatto. Mi osservo mi avvicino allo specchio, sebbene la mia mente ha realizzato che a muoverlo sono io, ancora non riesce ad accettare che quella figura è il mio nuovo aspetto e come due ore fa la mia mente mi gioca un brutto scherzo, ne sono attratta. Forse da ora in poi devo imparare a pensare al maschile quindi riformulo il mio pensiero “ne sono attratto”. Ed è buffo perché quella figura maschile è il primo uomo che mi fa eccitare e lo dimostra proprio lui; Sorrido guardandomi verso il basso. Chiudo gli occhi per assaporare questa nuova esperienza. Una figura femminile appare davanti ai miei occhi. E’ lei Marina, la donna che amo segretamente da oltre 20 anni e che per lei ho fatto tutto questo. Era la mia migliore amica. Ero completamene sbronza quando ho deciso di dichiararmi e baciarla, ricevetti uno schiaffo e un ti odio, da allora non mi volle più parlare.
Sono tenace non mi arrendo, voglio giocarmi il tutto per tutto! Non l’ho mai dimenticata.

Apro il mio computer e invio l’ultima mia lettera a nome Valeria con in allegato la relazione che la ditta aspettava. Mangio qualcosa perché ormai è ora di pranzo e il mio stomaco brontola di brutto, mi sorprendo a divorare un etto di pasta ed avere ancora fame. Puzzo come non mai, nemmeno 2 ore di palestra mi avrebbero ridotto così, mi faccio una doccia pensando a che cavolo posso mettermi, mi insapono e respingo ogni mia tentazione di prendere il depilatore e togliermi tutti i peli dalle gambe, dalle ascelle, dalle braccia. Prego pure ogni santo di non essere quel genere di uomini che ha i peli sulla schiena mi odierei ma oggi non ho proprio voglia di scoprirlo.

Marina è abitudinaria alle 17.00 dopo il lavoro va al bar di Roberto, che non se l’è mai filata, per uno spritz. Ma prima delle 17.00 devo andarmi a comprare qualcosa di certo non mi posso presentare a lei così, mi dico davanti allo specchio provando una t-shirt bianca che di solito uso come camicia da notte, ma che oggi mi sta quasi aderente, e una paio di pantaloni della tuta che mi arrivano alle caviglie. Mi metto un paio di scarpe da ginnastica e vado a prendere la macchina; oh no cavolo! E se mi fermano di certo la patente a nome di Valeria non la posso esibire. Questa cosa complica la situazione ma ce la faccio alle 17.00 sono davanti al Bar e come era prevedibile, seduta al solito tavolo, c’è Marina bella come me la ricordavo.
Mi avvicino al bancone e le passo davanti. Lei mi nota subito, eccola che mi punta il sedere. E allora ci provo chiedo al barista di portarle uno spritz.

Alle 21 siamo sotto casa sua, e il mio corpo non pensa ad altro, la vorrebbe subito sua. Cerco in tutti i modi di capire come far tenere calmo il mio nuovo amichetto che non vede l’ora di mettersi in prima linea. Non ci riesco e credo che Marina se ne sia accorta “ti va di salire per un caffè” mi chiede. Per la prima volta mi sorprende, le devo aver fatto proprio colpo. “al primo appuntamento mai” mi diceva sempre, e al dire di amici in comune, sembra essersi comportata sempre così.
Non passa un’ ora che mi ritrovo nudo a letto con lei e con un corpo che non conosco, e di certo non mi riferisco a quello di Marina. Sono imbarazzata come donna, eccitato come un maschio e soprattutto sono confusa o.. confuso . “è la tua prima volta non è vero?” mi chiede Marina sorridendomi, probabilmente pensando come sia possibile. Mi bacia, arrossisco e mi lascio guidare alla mia prima volta da maschio.
E’ mezzanotte passata quando i miei occhi si chiudono con lei tra le mie braccia addormentata. Dopo più di 20 anni sembra tutto un sogno… ti prego fa che non lo sia ti prego ti prego!


venerdì 10 luglio 2020

RACCONTO : UNA VACANZA PARTICOLARE

<<Che buio! Che freddo! Ho paura...dove sono? Sono chiuso in questa scatola da tanti giorni ormai, perchè mi hanno messo qui dentro? Stavo così bene insieme ai miei fratelli!>>
Era la notte che molti bambini aspettavano, una signora vestita di stracci stava volando per i cieli del mondo con un sacco in spalla nel quale si trovavano caramelle per tutti i bambini buoni e, in fondo al sacco,un mucchio di carbone per chi si comporta male.
Andrea, un bambolotto grande quasi un bambino vero di qualche mese, era appena stato consegnato a destinazione. Dopo ore ed ore di viaggio e dondolii che avrebbe preferito non avere, finalmente trovò pace anche se il buio e il freddo che sentiva erano rimasti. Chissà dov'era finito! Con questi dubbi si addormentò per qualche ora .
Delle voci familiari lo ridestarono, speranzoso riaprì gli occhi azzurri convinto di trovarsi nello scaffale insieme ai suoi fratelli circondato dagli elfi che da millenni ormai lavoravano nella Fabbrica più famosa del mondo e conosciuta da tutti i bambini. Ma niente intorno a lui ancora buio.
<<Mamma, nonna svegliatevi la Befana è passata>> due vocine emozionate si avvicinarono ad Andrea <<possiamo aprire mamma possiamo?>>, nemmeno il tempo di un <<si>> che il bambolotto tutto rosa, compreso vestito e cuffietta , finalmente rivide la luce e due occhioni marroni luccicare di emozione osservarlo dritto negli occhi azzurri <<era proprio quello che volevo>> disse la bambina prendendolo in braccio e portandolo a se per scaldarlo e cullarlo.
Fu amore a prima vista <<Mamma...>> mormorò Andrea sussurrando per paura di farsi sentire. Era proprio bella la sua mamma anche con la vestaglia blu e con capelli marroni arruffati per la notte agitata. Un sorriso tenero apparve tra le guance arrossate per il febbrone e il viso punteggiato da tanti puntini rossi <<Ti voglio bene>> fu il primo di tanti Ti voglio bene che la bambina disse ad Andrea!
Andrea, la bambina e il bambino passarono ancora molti giorni a letto perchè avevano il morbillo, la loro vacanza in montagna quell'anno fu particolare, niente sciate tra la neve fresca o discese con il loro bob. Solo tanta tristezza e invidia quando sentivano le risate dei loro amici scendere a valle. La vacanza però aveva portato Andrea e questo ricordo rimarrà sempre un caro per quella bambina allora decenne ed ora quarantiquenne.

venerdì 3 luglio 2020

RACCONTO BREVE: PER UNA NOTTE ....


PER UNA NOTTE ....

Le cene da Paolo e Francesca sono sempre un evento. I loro sorrisi e la loro complicità mi coinvolgono e mi fanno sempre sentire a casa. Lei sempre allegra e sorridente, ti accoglie in casa con il suo caloroso abbraccio. E quanta fantasia ha nel preparare gustosi risotti e profumatissimi arrosti.
Le conversazioni di Paolo sono sempre molto coinvolgenti, affascinanti e spesso divertenti. Viaggiando spesso per lavoro ha molti anedotti da raccontare del luogo che lo ha ospitato per mesi. Al suo ritorno Francesca, che conosce molto bene il nostro rapporto di amicizia, è solita accoglierlo con una cena a tre.

La nostra amicizia dura da vent'anni da quando io e Paolo andavamo alle elementari. Francesca la rossa, così la chiamavamo per il colore dei suoi capelli sbarazzini e ribelli, la conoscemmo alle superiori ed entrambi ci innamorammo dei suoi occhi azzurri e del suo carattere solare, entrambi la corteggiammo con gli occhi, ma Francesca vedeva solo gli occhi scuri di Paolo. Si accorse di me solo mesi dopo quando Paolo me la presentò. Erano mano nella mano e si guardavano con una tenerezza che perdurò e maturò con il passare degli anni.
Stasera è una di quelle tante sere, stasera rivedrò Paolo. Prima di citofonare punto l'occhio alla sua macchina, le sue valigie sono ancora lì; un brivido freddo mi scorre lungo la schiena sebbene siamo a fine giugno. Il dolce profumo del roseto del loro giardino non riesce a nascondere e coprire l'odore di bruciato provenire dal retro della loro villetta, gli aromi dolci e salati delle squisite cenette che era solita preparare Francesca sono solo un lontano ricordo. Sono segnali che dovrebbero lanciarmi un campanello d'allarme, ma io suono lo stesso . Paolo mi viene incontro per accogliermi, ma i suoi occhi sono pieni di rabbia e delusione, mentre mi saluta con tono freddo e stanco intravedo Francesca in bagno con la porta socchiusa. Si sta sciacquando il viso. Non ho nemmeno il coraggio di aprire bocca se non per dire "ben tornato Paolo" mi affretto ad andare in cucina per mettere in fresca la bottiglia di vino bianco. L'arrosto mezzo bruciato e mezzo tagliato è ancora nel tagliere. Il risotto alle zucchine e gamberetti è ancora sul fuoco, aggiungo un po' d'acqua prima che si attacchi. Francesca con il viso impallidito e gli occhi arrossati dal pianto entra in quel momento. Mi guarda e in un secondo capisco tutto.
Vorrei tanto andarmene ma non posso, non ho nemmeno il coraggio di chiederle come sta, e forse non ne ho nemmeno il tempo visto che Paolo entra in cucina invitandoci ad accomodarci. Io e Paolo siamo seduti uno di fronte all'altro. Per tutta la cena, se quella si può chiamare cena, non proferiamo parola. Ogni boccone del risotto senza sale e scotto, è un mattone mille pensieri girano per la mia testa. Quel risotto devo finirlo a costo di stare male tutta la notte. Paolo e Francesca invece non toccano cibo. Mentre serve l'arrosto Francesca trema e ha la pelle d'oca, cerca di nascondere il pianto, ma il dolore è troppo forte. L' arrosto bruciato e freddo e il colpo di grazia per il mio stomaco, ma non è certo il cibo la mia preoccupazione. Non li ho mai visti così e di sicuro loro non hanno mai visto me così. Francesca è troppo imbarazzata per accorgersene, Paolo invece probabilmente ora sa quante lentiggini ho in viso, non mi ha tolto lo sguardo per un attimo.
Siamo al caffè, quando Paolo interrompe il silenzio "tra tutti proprio lui" le dice guardandola negli occhi con tono pieno di rabbia e amarezza. Gli occhi azzurri di lei si riempiono di lacrime. Poi torna a guardarmi ma io non riesco a sostenere quello sguardo pieno di tristezza e delusione e abbasso gli occhi. "Sul mio letto come avete potuto", lo sento alzarsi prendere le chiavi e uscire sbattendo la porta. Solo allora, con il volto rigato di lacrime ho il coraggio di guardare Francesca ancora con il volto abbassato che gira in modo meccanico il cucchiaio nel caffè ormai freddo. Mi alzo per andare a consolarla ma lei mi ferma con una mano senza alzare lo sguardo "ti prego vai a casa".
E' bastata solo una notte, un "errore" forse il più bello ed emozionante della mia vita ma pur sempre un errore, per rovinare la nostra splendida amicizia e un felicissimo matrimonio.